Di queste elezioni 2018 quel che forse è più degno di nota è l’atto rivoluzionario dimostrato dal Sud Italia, che ha smesso di farsi comprare con una frittura di pesce e assecondare candidature borderline.
Il successo del Movimento 5 Stelle è il chiaro segnale del malumore che, da troppo tempo, serpeggia in questo Paese.
Il popolo finalmente si ribella con un NO secco alla corruzione, ai giochi di potere, allo sperpero di denaro pubblico, ad un’Europa dell’austerità, al clientelismo sfrenato e a tutti quegli uomini di partito totalmente scollati da un tessuto sociale che arranca.
In barba a chi circoscrive questo voto alla protesta delle fasce più ignoranti, assistenzialiste, inette e razziste della popolazione, questo grido arriva dai giovani, gli stessi giovani dimenticati in questa campagna elettorale: i precari sfruttati, i giovani – spesso laureati – costretti ad emigrare per crearsi un futuro, una casa, una famiglia, i ragazzi con idee innovative che hanno già spesso dimostrato, ad esempio, che attraverso lo sviluppo del turismo sostenibile, la valorizzazione del territorio, il rilancio del Made in Italy e dei prodotti locali – unici veri beni economici del nostro Paese – l’economia potrebbe ripartire eccome, se non fosse per la pressione fiscale intollerabile che soffoca e schiaccia anche il più volenteroso dei volenterosi.
I giovani di oggi rivendicano una vita e un’esistenza decorosa che da anni la classe politica ha loro precluso.
Questi sono i temi dimenticati soprattutto da una sinistra che, per storia e definizione, avrebbe dovuto farsene portavoce invece di dare la caccia a streghe e stregoni fascisti o a razzisti inesistenti.
Questo è il sentimento che la sinistra – che oggi cede le proprie battaglie al M5S – non è più riuscita a cogliere dal profondo del suo elettorato, dalla “pancia del Paese” come spesso lo ha (insolentemente) definito in qualche comodo salotto televisivo mentre elogiava i presunti traguardi statistici raggiunti al governo.
Risultati intangibili però, ché al popolo non interessa se dicono che la disoccupazione giovanile è scesa del 7% nel 2017, il popolo fa i conti con la realtà, con quel che vede, con quel che tocca con mano. Quella realtà che impedisce di avere un posto di lavoro sicuro, onestamente retribuito, che proverbialmente dovrebbe nobilitare l’uomo, non svilirlo. Al popolo interessa che le madri possano lavorare serenamente senza chiedersi a chi affidare il figlio quando l’orario di lavoro si protrae oltre l’orario scolastico. Al popolo interessa sentire lo Stato come alleato e non come carnefice, uno Stato che costituzionalmente garantisce sanità e scuola eccellenti, quelle pubbliche, quelle di tutti. Perché il Pubblico deve rappresentare il più alto esempio di giustizia sociale e non il contrario. Il popolo vuole ESSERE lo Stato e non SENTIRSI suddito di una piccola cerchia di privilegiati.
In generale, la vecchia politica oggi dovrebbe chiedersi quando ha smesso di pensare ad amministrare il Paese come farebbe un buon padre di famiglia, sentire il Paese come fosse casa propria, dove non si lascia la luce accesa e non si butta via il cibo perché non bisogna sprecare. Dove il padre fa debiti pur di far studiare i propri figli e dar loro un futuro. Dove la madre premia il figlio se prende un buon voto e mai, mai fa disparità tra fratelli.
E’ necessario trovare le risposte a queste domande attraverso un sincero mea culpa, invece di scovare capri espiatori inutili.
Il 4 marzo 2018 è stato l’inizio di una rivoluzione, di una rivolta fatta con toni istituzionalizzati ma altrettanto dirompenti, dove le forche hanno lasciato il posto alle matite nei seggi, ma sono altrettanto taglienti.
La colpa dell’esser matrigna
Alle volte l’ho sentito sulle spalle il peso della colpa atavica dell’esser “matrigna”.
Alcuni si permettono giudizi facili, commenti infelici, interferenze non richieste e sguardi di sufficienza.
Tutte cose che non oserebbero se fossi madre di pancia.
Secondo loro io non posso amare come una madre visto che madre non sono.
Che inutile ovvietà da dire, come se non la sapessi da me la differenza abissale tra l’esserlo e no, mamma.
Invece, secondo me sono loro a non capire.
Non capiscono cosa voglia dire guardarti e sentirti anche mia nel fondo dell’anima, senza per questo volermi sostituire a qualcuno.
Mica lo sanno quanto amore e dedizione ci vuole per crearsi, in silenzio e con pazienza, un posticino nel cuore di chi non ti appartiene per natura.
Che ne sanno di ciò che nel tempo siamo riuscite a costruire, io e te.
Non capiscono che la maternità è una condizione del cuore.
L’Amore non sottostà alla legge del tutto o del nulla, ma ha infinite sfumature e colori.
Io non voglio etichette.
Io amo. Questo è tutto quel che c’è da sapere. Questo è tutto ciò che c’è da capire.
È Amore che tiene unita la nostra speciale famiglia allargata, che ha una propria inviolabile storia nella quale affonda le sue radici profonde e intrecciate come in un caloroso abbraccio senza tempo.
Dio ha dei piani che hanno la precedenza sui nostri, ecco perché io e te siamo qua.
Tu sei la più grande promessa d’amore che io abbia mai fatto.
Ma che ne sanno gli altri?
Ma cosa me ne frega?
Le montagne russe della vita
Innamorarsi di tutto
E così fu, fa niente se per fare gasolio ogni volta dovevo smerciare un organo al mercato nero tanto era caro, costi quel che costi, io rifornimento dovevo andare a farlo lì.
Io negli anni ’90 ci tornerei domani
Sarà per nostalgia, sarà per avere 15 anni in meno, ma ci tornerei domani.
Sarà perchè vorrei accendere la radio e sentire Jovanotti o Frankie Hi-nrg e non quell’insulto alla musica di Fedez.
Sarà perchè vorrei girare canale e guardare Willy il Principe di Bel Air e non Violetta.
Sarà perchè mi manca chiamare a casa un’amica e, se stava facendo i compiti, col cazzo che me la passavano.
Sarà che mi manca darsi un appuntamento e aspettare il solito ritardatario senza possibilità di ritracciarlo. Dovevi aspettare #mannaggialaputtana, punto.
Sarà perchè non vorrei più leggere i tweet di Renzi e degli altri politicanti o i post di Salvini e, peggio ancora, i commenti dei suoi seguaci bifolchi.
Ecco, mi manca l’emozione del rivedersi dopo tanto, mi manca il mistero, l’avere ancora qualcosa da chiedersi, da raccontarsi. Che di alcuni oggi si vede veramente tutto: ogni aperitivo, ogni cena, ogni cosa che hanno mangiato e perfino se quando l’hanno cacata era molle o cotogna, ogni outfit, ogni cambio costume, ogni espressione di figli e cani, ogni attività sportivo/ricreativa/ludico-motoria che stanno facendo, ogni posto in cui si trovano che, veramente, se qualcuno volesse rapirvi sarebbe un gioco da ragazzi.
Ma io oggi vorrei solo tornare agli anni ’90, quando per “scaricare” una canzone che ti piaceva dovevi aspettare ore davanti la radio pronta a schiacciare rec, quando se volevi fare una dedica a qualcuno la scrivevi sulla smemo, quando si era capaci di dirsi le cose in faccia anche se voleva dire scostare un attimo la maschera per lasciarti sbirciare e questo faceva paura.
La perla bianca
[Io]
La pupetta del mio cuore mi ha portato un’ostrica dal mare.
Dentro l’ostrica troverai una perla colorata, diceva, e sarà del colore che vorrà il destino.
Un dono per ciascun colore: bianca – saggezza, crema – successo, rosa – salute, viola – ricchezza, nera – amore.
Prima di aprirla ovviamente partirono le scommesse.
“Nera, nera!” strepitava lei con la semplicità tipica dei bambini.
“Speriamo sia viola..” sussurravano voci più mature e meno disincantate.
Ma io la desideravo Bianca. Perché solo chi ha la Saggezza di accettare di far a meno del successo, della salute, della ricchezza, dell’amore perfino e non per questo esser meno lieto, avrà la capacità di godere appieno ciascun dono che la vita invece vorrà offrirgli.
Apro la conchiglia, scarto il mollusco ed eccola: una meravigliosa Perla BIANCA.
“Grazie amore! Era proprio quella che volevo!”, ero così felice mentre la inserivo nella sua gabbietta e la appendevo subito al collo. ❤
“Ora vieni dai, andiamo a strafogarci di caramelle!”
Primi sintomi di una PROFONDISSIMA SAGGEZZA.
A te
[Dipinto di Andre Kohn]
Ecco, tu sei magnificamente semplice.
Al contrario di me che sono un casino.
Al di là di me che rendo tutto complicato.
Tu mi fai ritrovare sempre la strada di casa, anche quando mi perdo nei meandri più bui e spaventosi della mia mente.
Dove io non vedo niente, ma sento la tua mano tenere stretta la mia.
Tua Marina
La solitudine dei numeri primi
[Immagine dal web]
Sapete cosa sono i numeri primi? Sono quei numeri che ammettono come divisori solo uno o se stessi.
Ora, immaginiamo di essere tutti dei numeri.
Succede, alle volte, che un numero primo si innamori di un numero ordinario che non riesce a coglierne l’unicità. La gentilezza nei gesti, la dolcezza nello sguardo, la generosità d’animo, l’onestà d’intelletto, la lealtà, il saper avere cura.
Quando questo accade, il numero primo diventa triste perché si sente trasparente, soffocato dal “tutto è dovuto” e da un amore mediocre.
A volte, invece, capita che un numero comune riconosca l’eccezionalità del numero primo che gli sta accanto e questa rarità lo turbi a tal punto da doverla annientare, azzerare, livellare al suo banale essere per non dover continuamente dimostrare di essere all’altezza.
Quando questo accade, il numero primo diventa qualcosa da screditare e far sentire inutile: la sua sensibilità viene chiamata debolezza, la sua onestà si trasforma in stupidità e la gentilezza in sottomissione.
In entrambi i casi, pare che essere un numero primo sia proprio una condanna!
Però chiediti, tu vorresti mai cambiarti per essere un numero comune come tutti gli altri?
Allora forse la fortuna sta in questo: incontrare un numero primo come te.
E pensa a quale magia quando due numeri primi si incontrano: divisibili con nessuno, se non con loro stessi.
Ora ho capito, mamma
Una sera di qualche tempo fa, tornai a casa particolarmente stanca.
Una giornata faticosa in ufficio, poi spesa, riordina casa, finisci quel lavoro per la scadenza di domani, prepara la cena.
Ricordo che, sistemata la cucina, pensai: “la mia giornata non finisce mai”.
Era una frase che dicevi sempre tu, mamma: un lavoro, una casa, un marito, due figli e un cane.
Una dedizione infinita.
In quel momento sorrisi e tornai ai miei vent’anni, quando mi credevo ai tuoi antipodi, spesso in conflitto, a volte sprezzante.
Quando non capivo che invece tu saresti stata il mio specchio. Perchè l’amore per la famiglia e per la casa, la passione per la cucina, il prendersi cura del proprio compagno e dei figli, essere indipendente, lavorare sodo, essere stanchi ma pieni di gioia, fare pace e non portare mai rancore, essere ospitali, il saper donare sè stessi senza aspettarsi nulla in cambio, sono cose che mi hai insegnato tu, mamma. Ora ho capito. Grazie.
AUGURI MAMMA!
Quel prepotente desiderio di conoscere
[Street Art – Mark Samsonovich – Water the Flowers]
Poi ti dicono che sei come una spugna.
Tu credi che ti abbiano vista in una delle tue serate più balorde, invece no.
Vuoi fare tesoro di ogni persona che incontri nella tua vita, ti spiegano.
Come se certe corde del tuo cuore avessero un prepotente desiderio di conoscere, che non è smania di sapere, incalzano. Già.
E come potreste altrimenti pensare di diventare ricchi senza cercare tesori nascosti, rispondo.